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Stefano Schirato: Photojournalist - Occhio per occhio - Vendetta di sangue in Albania

STORIE

Occhio per occhio - Vendetta di sangue in Albania

Il sangue versato sarà spazzato via dal sangue prelevato indietro”. 848 del codice Kanun di Lek Dukadjini.

In Albania, uno dei paesi più poveri d’Europa, la secolare tradizione della vendetta di sangue ha visto una rinascita negli ultimi dieci anni. Il vuoto di legge e ordine creato dal crollo del comunismo ha portato molti albanesi al ritorno alle leggi orali, leggi che comprendono il diritto di uccidere per vendicare un omicidio precedente.

La storia di Edi inizia quattro anni fa, quando suo padre uccide in una rissa due vicini di casa a causa di una disputa sulle linee elettriche tranciate. Nonostante il padre sia stato assassinato poco dopo dalla famiglia nemica, Edi rischia la seconda vendetta perché i vicini uccisi erano due. Edi ha 16 anni e da quel maledetto giorno vive rinchiuso in casa sua con la madre Rosa, annientato dalla paura della vendetta.

Edi non è solo. Ci sono circa 2.800 famiglie albanesi che vivono in isolamento autoimposto per evitare di cadere vittime di vendetta di sangue. Il fenomeno colpisce anche le donne e i bambini, alla stessa stregua degli uomini, nonostante il Kanun (Codice consuetudinario) lo proibisca. Almeno 160 bambini sono stati costretti ad abbandonare le lezioni scolastiche, ma il numero è probabilmente più elevato: il Ministero della Pubblica Istruzione sta creando un nucleo di insegnanti con il compito di tenere lezioni nelle case dove i bambini vivono rinchiusi. Il diritto di vendetta in alcune zone è addirittura considerato un obbligo, pena il disprezzo e la completa esclusione da parte della comunità.

L’unico modo per sfuggire alla vendetta rimane rinchiudersi a casa, un luogo considerato dal Kanun, inviolabile.